La passione per il cinema

La Videoteca di Edoardo Sanguineti

Una biblioteca privata è il grande specchio della casa in cui si riflette l’immagine culturale di chi vi abita, da Don Chisciotte al conte Monaldo, padre demiurgo di Giacomo Leopardi.

Ma se la biblioteca è quella di un poeta, e di un sommo intellettuale come Edoardo Sanguineti, allora è uno specchio totale che contiene il mondo, simile alla Biblioteca di Babele di Borges.

Chi si inoltra nella ricerca delle fonti ispirative del poeta si perde tra i volumi, irretito da complesse rifrazioni, cronologie ermetiche, ineffabili ordini alfabetici  e catalogazioni inesauribili.

La videoteca di un poeta, la collezione dei suoi film, richiede uno sforzo aggiuntivo

per individuare il criterio della scelta: possono essere “i film della mia vita” secondo una definizione di Truffaut animata da un sentimento cinefilo-esistenziale, o traduzioni visive da confrontare con l’originale (romanzo, teatro… Visconti,Pabst, Fassbinder, Herzog), capostipiti e derivati di una tendenza o movimento letterario e artisico (neorealismo, espressionismo, surrealismo, avanguardia anni cinquanta e sessanta), documenti della storia o di comportamenti sociali e di antropologie politiche ( il cinema muto sovietico, Renoir, Godard, Losey, Loach,Pasolini, Rosi, Pontecorvo, Moretti), infine anche occasioni ludiche, perché i film sono tranches de vie (Rossellini, De Sica, Nuova Oggettività, Realismo socialista), ma anche fette di torta (Hitchcock, Lubitsch, Billy Wilder, Hawks, la commedia all’italiana ).

Nel catalogo dei film sembra manifestarsi la consapevolezza che Hollywood fa il cinema, codifica i generi come nella classicità letteraria (il western di John Ford, la commedia e suoi sottogeneri, il musical, il noir…) e il resto del mondo fa o cerca di fare i film, in particolare i film d’autore (Renoir, Bergman, Fellini, Kurosawa, Ozu, Mizoguchi, Welles, Losey, Kubrick, Wenders).

Leggendo i titoli della videoteca appare evidente che le ragioni della silloge vadano ricercate nel cinema  come linguaggio piuttosto che come mezzo di narrazione o di rappresentazione spettacolare. Sono i registi creatori di forme filmiche a essere privilegiati, al di là della opposizione tra cinema della prosa  e cinema di poesia teorizzata dal Pasolini in Empirismo eretico con dichiarata predilezione per quest’ultima.

Il film non solo attiva un processo sincretico tra realtà, immaginario, esperienza, visione, memoria, onirismo, parodia, presa diretta, ma soprattutto deve farsi scrittura personale, segno inconfondibile della creatività attraverso le immagini: la macchina da presa è la penna, il pennello, la tastiera del regista. In questo senso i western di Ford nella Monument Valley sono cinema-cinema, come i “purissimi” film di Ozu, di Rohmer, di Lars von Trier e quelli “impuri” ( politico-saggistici) di Godard.

Non importa il punto di partenza, importa che la materia ultima sia il cinema, laboratorio alchemico-poetico in cerca del linguaggio.

Nella videoteca di Sanguineti l’elenco più corposo è costituito dai film di Chaplin, non tanto i grandi lungometraggi del sonoro, quanto le brevi comiche mute delle origini.

In quelle schegge di genialità comica l’io chapliniano si confronta con le occasioni quotidiane della società, senza pretendere di essere un’icona: è un io irridente a auto-irriso, come se stesse in un centro perennemente provvisorio, alla ricerca di un senso nel moto incessante delle cose.

Quando Sanguineti svela il destino della sua poesia cita la sequenza di Tempi moderni in cui Chaplin vagabondo raccoglie uno straccio rosso di segnalazione, caduto da un autocarro, e sventolandolo insegue il mezzo per riconsegnarlo all’autista: si ritrova candido e inconsapevole alla testa di una massa di sovversivi. Il suo straccio è diventato una bandiera.

“ Ai miei occhi  –scrive Sanguineti—  questa sequenza  può essere interpretata come una mirabile allegoria del felice destino di un poeta. Egli agita uno straccio di parole, ignaro e cortese, non importa, ma si ritova poi alle spalle , a seguirlo, e a trasformare in azione il senso delle sue povere operazioni verbali, e a caricarlo di un valore collettivo, una turba di sconosciuti, che vogliono, come si dice da tanto, e come si sogna forse da sempre, modificare il mondo, e cambiare la vita.”

Marco Salotti

 

 

 


Appendice

Queste fotografie mostrano presenza e collocazione di oltre mille videocassette di cinema che Edoardo Sanguineti teneva in un piccolo corridoio che conduce alla camera da letto. Il cinema era una delle sue passioni più vive.